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BLOGVS | March 19, 2024

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7 Comments

L’ArchiCibVs

Emanuele Bonati

Viaggio a Melita

Cosa c’è di strano nel partire per Malta, sognando un mare pulito e fritture di pesce freschissimo, e finire, dopo una giornata passata fra templi sotterranei e apiari rupestri, nel bel mezzo di una fenkada, la caratteristica cena maltese a base di coniglio? Tutto sommato, niente, credo; almeno fino a che, tra un boccone e l’altro, qualcuno non comincia a tirare in ballo la Cappadocia! Allora, nella testa cominciano a girarti le parole di un vecchio e saggio hobbit: “È pericoloso, Frodo, uscire dalla porta. Ti metti in strada e, se non dirigi bene i piedi, non si sa dove puoi finire spazzato via”. Già, sono proprio gli episodi che possono trasformare un viaggio in ogni momento.

Così, basta arrivare a La Valletta durante un bel temporale e decidere che la cosa migliore da fare, in attesa che spiova, è visitare il National Museum of Archaeology. Fermarsi davanti alla statuetta neolitica della “Dormiente” è inevitabile: una figura femminile coricata su un fianco, forse una dea, dalle forme tondeggianti degne di un quadro di Botero; lei, però, è molto, molto più antica… diciamo che alcuni tra i grandi templi megalitici di Malta e Gozo, erano già antichi quando Stonehenge o la piramide di Cheope dovevano ancora essere immaginati!

“La Dormiente”, National Museum of Archaeology, La Valletta (Malta).

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Oppure, è sufficiente lasciarsi trasportare dal caso e dalla fortuna e, finita la pioggia, ci si può ritrovare dodici metri sotto il livello della strada, nel tempio sotterraneo di Hal Saflieni, dove la statuetta è stata ritrovata. Santuario, necropoli e deposito, l’Hypogeum è senza dubbio il sito più affascinante dell’isola: tre livelli di camere e passaggi, arricchiti da triliti e decori, scavati nella roccia oltre 5000 anni fa con utensili di pietra e legno. Qui, senza nemmeno spostarsi, è possibile partire per un altro viaggio, nel tempo e nei misteri di un popolo scomparso da millenni.

L’Hypogeum di Hal Saflieni (foto Heiko Gorski).

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Una volta tornati in superficie, può sembrare che la volontà riprenda il controllo: solo uno spuntino e poi via, a godersi un po’ di mare! Dietro i vasetti di miele sugli scaffali di un negozio, però, può nascondersi ancora il caso. Già dal IX secolo a.C., a causa del gran numero di api, i greci chiamavano l’isola “Melita”, e ancora oggi sono numerose le località i cui nomi ricordano i prodotti dell’apicoltura. Nel nord dell’isola, ad esempio, non distante da Imgiebah, sorge Xemxija, il cui nome significa “apiario, insieme di alveari”. Considerato che la baia di S. Paolo è proprio a due passi, è normale approfittarne per una “rapida” deviazione…

Già ben avviata in passato, in seguito all’occupazione romana l’apicoltura divenne per l’arcipelago maltese un’attività di grande rilievo. Il miele prodotto dalle piccole api scure caratteristiche delle isole, particolarmente saporito e profumato di timo selvatico, si conquistò una certa fama, tanto da essere ricordato persino da Cicerone.

A Imgiebah, a testimoniare dell’attività e delle tecniche degli antichi apicoltori maltesi restano tre  arcaiche strutture rupestri risalenti forse al VI secolo a.C. Gli apiari, posti a livelli sovrapposti e parzialmente nascosti da un carrubo millenario, sono interamente ricavati nella pietra. Quello inferiore, costituito da un muro in pietra a vista alto circa tre metri per un fronte di dodici, presenta un totale di quarantasette nicchie di diverse dimensioni, organizzate su tre file, ognuna delle quali è attraversata da due “fori di volo”, cioè gli ingressi utilizzati dalle api per accedere alle loro arnie. L’interno è costituito da una cavità naturale che una articolata opera muraria suddivide in nicchie parallele entro cui erano ospitate le arnie, costituite da cilindri in terracotta posizionati orizzontalmente.

Apiario intermedio da Imgiebah (Malta). Risulta evidente il profilo della grotta naturale tamponato da un muro, in gran parte costruito a secco. Nei conci sono scavati i “fori di volo” sul retro dei quali erano poste le arnie (foto R. Bixio – Centro Studi Sotterranei).

Uno degli ingressi dell’apiario inferiore ricavato dalla chiusura di una cavernetta. A lato le “bocche di forno” a cui corrispondono le arnie collocate all’interno (foto R. Bixio – Centro Studi Sotterranei).

La volta delle nicchie è costituita da lastre contrapposte a doppio spiovente, oppure da architravi monolitici. In controluce si notano i fori di volo a cui, in origine, corrispondevano altrettante arnie (foto M. Traverso – Centro Studi Sotterranei).

In una delle nicchie dell’apiario è stato ricostruito, per iniziativa della gente del luogo, il sistema di alloggiamento delle arnie. Queste erano costituite da tubi di terracotta posati orizzontalmente su ripiani sovrapposti (foto M. Traverso – Centro Studi Sotterranei)

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Così girovagando, intanto, il sole se ne è andato. Ritornare verso la capitale sembrerebbe la cosa migliore. Strada facendo, non sarà certo difficile trovare un ristorante che serva del pesce fresco: dopo tutto questa è un’isola, giusto? La curiosità, però, è un’altra di quelle cose che non si sa dove possono portare e allora, senza nemmeno avere il tempo di ricordare quanto era simpatico Roger Rabbit, si finisce davanti ad una fenkata: pasta con sugo di coniglio, coniglio stufato o arrosto, fegato di coniglio con zeste e succo d’arancia…

A questo punto, dopo qualche sorso di Bajtra, il liquore locale a base di fico d’india, qualcuno potrebbe cominciare a progettare il prossimo viaggio e a raccontare degli apiari della Cappadocia. Qualcun altro, invece, potrebbe ricordare le parole di un vecchio hobbit: “È pericoloso, Frodo, uscire dalla porta…” .

Due apiari scavati in un pinnacolo di tufo a Göreme (Cappadocia, Turchia centrale). Le feritoie sono state scavate con grande cura anche se, dopo l’abbandono, l’erosione naturale ne ha provocato la parziale distruzione (foto G. Bologna – Centro Studi Sotterranei).

Facciata esterna dell’alveare rupestre di Kızıl Çukur, caratterizzata da una serie di feritoie verticali (per le arnie mobili) e di piccoli fori (per le arnie fisse) praticati ai lati della porta di accesso (foto M. Traverso – Centro Studi Sotterranei).

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Il Miele di Malta
Durante la “Settimana del Miele”, tenutasi a Montalcino nel settembre 2010, una giuria di assaggiatori professionisti, affiancati da esperti provenienti da Spagna, Portogallo, Grecia e Malta, in seguito ad un’attenta prova d’assaggio ed una rigorosa analisi chimica, ha nominato il miele di corbezzolo, prodotto dall’apicoltore Pietro Paolo Porcu di Berchiddeddu, vincitore del Concorso nazionale “Roberto Franci” che incorona ogni anno il miele più buono d’Italia.

Migliore tra i mieli di oltreconfine, invece, è stato nominato il miele di carrubo prodotto da Charles Camilleri di Mgarr (Malta). Si tratta di uno dei prodotti più raffinati dell’apicoltura maltese, caratterizzato da un colore ambra scuro, un sapore di media intensità con note amarognole ed un profumo che richiama l’aroma della carruba con connotazioni vegetali. Si tratta di un miele autunnale che cristallizza velocemente, assumendo una particolare consistenza quasi cremosa. Molto apprezzato per la produzione di dolci tipici, personalmente lo trovo particolarmente intrigante in un abbinamento dai sapori assolutamente mediterranei: Ragusano DOP stagionato, Miele di carrubo e Moscato passito di Pantelleria.


Antonella

illuppoloselvatico

Comments

  1. Titti

    Non conoscevo questa Venere di Malta, col suo vezzoso gonnellino – è incredibile come queste figurine femminili fossero diffuse veramente in tutta Europa… Molto interessante anche la storia degli apiari. Grazie

  2. Grazie Titti! Effettivamente queste statuette sono state ritrovate un po’ ovunque, soprattutto nel bacino del Mediterraneo. Per quanto riguarda la parte degli apiari, il merito va anche alle fotografie dei ragazzi del Centro Studi Sotterranei di Genova.
    A presto!

  3. sempre molto belli ed interessanti i tuoi racconti. Mi hai fatto venire voglia di andare a Malta questa volta.

  4. Grazie Christian! Quello che non ho raccontato è che, a causa di un disguido tra compagnie aeree, per poco mi toccava rimanerci!
    Non che fosse un sacrificio, però … 🙂

  5. Incantata dagli “apiari”..e pensare che oggi stiamo sterminando le nostre api coi pesticidi 🙁
    Mi piace viaggiare assieme a te..

  6. Chi lo sa? Magari nei prossimi post mi farò anche un viaggio in bicicletta 🙂
    Però, almeno in salita, tu mi aspetti, vero?
    Ciao!

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